Sono qui da 10 giorni ormai, e se è sopraggiunta una ambientazione, lo devo molto al naturale corso degli eventi.
Sabato scorso qui a Cà Fattore ho conosciuto Marcella di Catania, e la sua amica darkeggiante Stefania. Marcella, ex-ISIA, piena di vitalità, sta provando lo "sbarco" milanese. Stefania fà lingue. Con loro a cena alle Tre Piante, mi sono fatto un pò di risate sincere davanti a un ottimo piatto di strozzapreti. La serata è poi finita qui da me, con sbadigli e gran saluti.
Ieri piomba qui Fabrizio di Taranto, really simpatico, parecchio in gamba, senza storture, un tipo di indole allegra. Pomeriggio con lui a zonzo per Urbino, tra una libreria e l'ape grezza alla "Herboristeria".
Promesse di cene al Collegio dell'Aquilone.
Oggi, dopo la doccia fredda di ieri (non puoi saltare le classi, stai pure in Prima) come se non capissero che per me è estremamente decisivo fare le cose in fretta.
Ne è derivato, nonostante tutto, un senso di vuoto interiore; quella che era una vaga sensazione si è radicata un pò più profondamente. E' una sfiducia che mi disarma, dopo l'entusiasmo dei primi giorni.
Ma è realtà, come realtà vuol dire farsi da mangiare, stare fuori dal mondo. E' un senso di sradicamento, come se albero, tardassi ad attecchire in questo terreno.
Come vorrei avere di nuovo 14 anni, in questa scuola: non sapere che il mondo è duro, non sapere cosa vuol dire drogarsi per anni, non sapere le privazioni, gli strappi emotivi, le incertezze, il fondo, la negatività che si erge come un re dal fondo del pozzo.
Ma non si può più, e mi devo accettare per quel che sono, e convincermi che anche quelle erano esperienze e che comunque mi saranno d'aiuto per il futuro.
Mi scruto tanto (ETCHIU') mi sento innaturale, poso per insicurezza atteggiamenti abbastanza assurdi, ancora troppo "sfasati". Mi sento molto timido, diffidente e la spontaneità dell'estate si scioglie alle nebbie d'autunno.
Urbino 8.10.86
lunedì 22 febbraio 2010
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